Una storia di sangue – su meetale

Pubblicato: 9 aprile 2014 in mEEtale

Il nuovo racconto breve Una storia di sangue e’ disponibile su Meetale al link Una storia di sangue su – Meetale

Si puo’ scaricare in pdf, epub o mobi gratutitamente.

Oppure potete leggerla qui di seguito:

PREMESSA

Questa che state per leggere è ispirata ad una storia veramente accaduta a casa mia qualche tempo fa. Vi prego quindi di leggere con calma ed evitare di lascarvi andare a facili moralismi. In fondo anche se crudele il protagonista della storia vi risulterà ad un certo punto vicino e penso che nei suoi panni avreste fatto qualcosa di simile. Bisogna conoscere la vita di una persona, i fatti salienti che gli hanno vietato il sonno per arrivare ad un giudizio di colpevolezza, anche quando tutte le evidenze giocano in suo sfavore.
Buona lettura.

UNA STORIA DI SANGUE

In fondo avrebbero dovuto capirlo subito lei e le altre tre sorelle. Erano entrate in quella casa più per un caso che per loro volontà, e subito si era capito che il vecchio non le aveva in simpatia. Le aveva guardato con quel suo volto da alcolizzato, proprio in tempo per chiudersi dietro le spalle la porta della camera. Lui dalla morte della moglie aveva deciso di dormire nell’ultima stanza in fondo al corridoio. Più che altro uno sgabuzzino dove teneva ammassate le suo poche cose ed un letto striminzito dove cercava di riposare un po’ durante la notte. La lunga malattia della moglie lo aveva dissanguato emotivamente, fisicamente ed economicamente, così tornato a casa dopo il funerale aveva guardato quegli arredi, testimoni della sua vita insieme a lei, ancora per un giorno, poi aveva regalato tutto a rigattieri e amici conservando solo il necessario per allestire dei posti letto per studenti. Questi venivano perché la posizione era buona ed il prezzo era ottimo. E poi il vecchio si era rintanato nel suo mutismo in una cameretta lontana da tutto il resto. Si vedeva poco e spesso era fuori a passeggiare per le strade del quartiere, solo e muto, sbirciando ogni tanto le vetrine dei negozietti sulla via principale.
Loro quattro erano arrivate un lunedì. Come tutti gli occupanti di quella casa erano lì solo di passaggio. Si sarebbero occupate dei loro piccoli anche se fastidiosi affari e poi avrebbero cercato di meglio. Il vecchio però le accolse con quell’occhiataccia. Non aveva granché voglia di discutere ed in fondo non aveva molta forza per rifiutarle. Aveva altro cui pensare ed in fondo o loro quattro o altre ben poco cambiava. Per lui il fastidio in fondo era uguale.
Loro avrebbero dovuto comprendere che quel giorno non era aria per loro; avrebbero dovuto quantomeno rintanarsi nel posto più lontano della casa e starsene buone, aspettare la notte e poi magare cambiare pure casa. Ma la giovinezza si sa è spesso ingenua davanti alle cose della vita, e così non fecero caso alla faccia stanca del vecchio quando rincasò. Faceva caldo quel giorno, un’aria di scirocco asfissiante che toglieva anche la voglia di respirare. Scendeva infuocata dentro i polmoni e non ossigenava il corpo, ma lo privava anche delle sue residue forze. Ecco, in quel preciso momento in cui il vecchio rientrò nel suo sgabuzzino, avrebbero dovuto capire e cercarsi un altro posto. Glielo si leggeva in volto che era stremato di vita e di caldo, lo urlava da tutte le rughe del volto. Solo che loro continuarono a comportarsi come se niente fosse, andando in giro per la casa come ogni sera. Forse contavano sulla sua vecchiaia, sulla limitatezza delle sue forze e sui riflessi ormai lenti di cataratta.
Quanto il vecchio spense la piccola luce sul comodino, la casa si animò solo delle loro attività consuete. In casa non c’era nessun altro a parte il vecchio, perché quel fine settimana tutti gli altri erano tornati a casa a trovare le famiglie. Il vecchio si girava e si rigirava, nervoso ed infastidito; l’aria nonostante la finestra aperta scottava, la potevi tagliare a fette tanto era densa. Sembrava odorare di zolfo e d’inferno. Due volte si alzò per andare in cucina a bere dell’acqua e ogni volta vide una di loro passargli davanti allo sguardo, irriverente e noiosa. Ora per carità nessuna di loro era incline a fare baccano, ma il solo spostarsi, il solo cercarsi da una stanza all’altra, incrementava l’irritazione del vecchio.
Fu la terza volta che si alzò per cercare un po’ di refrigerio nell’ennesimo bicchiere d’acqua, che qualcosa scattò in lui. Era lì in piedi con la faccia devastata dall’insonnia e la bottiglia in mano. Erano le due di notte e fuori vedeva gente sui balconi, stravaccata sulle sdraio nel tentativo di ottenere beneficio dalla rara brezza notturna. Una di loro – adesso non saprei dire chi – passò per un attimo nel suo campo visivo, producendo peraltro un lieve rumore lontano. Il silenzio della casa venne squarciato da una valanga di suoni atroci e gutturali: «Bastaaa! Vi odio tutte. Lasciatemi dormire maledette. Lasciatemi in pace almeno voi!»
Se lo vide dietro, correre nel corridoio ed urlare come un ossesso, con qualcosa, un oggetto lungo, in mano. Sulle prime pensò che quel vecchio si sarebbe presto fermato ansimante e quasi sorrideva della situazione che a guardarla doveva sembrarle anche piuttosto comica. Peccato per lei che l’uomo sembrava avere ingoiato Satana in persona, aveva gli occhi iniettati di sangue, di caldo e di sonno, e con due balzi le fu accanto. Stretta in un angolo provò a schivare i colpi del vecchio: il primo, il secondo. Il terzo la prese in pieno facendola rotolare a terra con qualcosa di spezzato addosso. Aveva sentito prima il colpo e poi il crack sinistro, ed ora giaceva riversa su un lato incapace di muoversi e di reagire. Una delle sorelle fece appena in tempo a vederla ancora in vita. Il vecchio vedeva poco e colpiva alla cieca scaricando rabbia accumulata in tutti quegli anni di solitudine. Uno in particolare la sventrò di netto: con il sangue che colava dall’addome esploso per il duro colpo, guardò l’ombra della sorella vicina ed ebbe appena il tempo di pensare a quanto erano state felici in quella casa tutte insieme fino a quel momento.
Neanche al vecchio passò inosservata quell’ombra, e iniziò a rincorrere anche lei urlando contro tutta la loro razza maledetta. Riuscì a rinchiuderla nella cucina percuotendo l’aria in modo ossessivo, finché con un frastuono non la schiacciò contro la porta finestra. Il vecchio si avvicinò a guardarla dilaniata dai vetri rotti. Un frammento precipitando le aveva tranciato in due il tronco e umori giallastri misti a sangue e cartilagini rotte affioravano da quella carcassa, fino a qualche istante prima viva.
Il vecchio però non si volle fermare: presto scovò la terza, rintanata in quello che una volta era il suo salotto. Le impronte dei quadri alle pareti ne avevano attirato l’attenzione e quasi distratto gli intenti, ma un movimento di troppo la tradì, rivelando la sua presenza dietro una delle residue poltrone. Anche lei fu rincorsa e raggiunta dai colpi ferali del vecchio. L’ultimo, particolarmente violento le staccò di netto la testa, che facendo una buffa traiettoria urtò lo specchio sulla parte e precipitò ai piedi dell’uomo. Lui la guardò e sferrò un colpo con il piede per schiacciarla con violenza. Fu a quel punto che vide gli schizzi di sangue sulla parete, in parte provenienti dalla sua vittima, ma principalmente da un taglio sulla mano che doveva essersi procurato poco prima con una scheggia in cucina. Ansimando per lo sforzo e la rabbia ancora non sopita, si diresse verso il bagno per cercare qualcosa con la quale medicarsi. Uscendo vide il busto senza testa dell’ultima sua vittima impregnato del suo sangue scuro e provò gioia nel vedere quel cadavere a terra. Nel corridoio invece notò che il sangue della prima stava iniziando a rapprendersi. In un moto di cinismo, calpestò quello che di lei rimaneva, ascoltando nel silenzio lo scrocchiare dello scheletro sotto la sua suola.
In bagno trovò tutto il necessario in una cassettina del pronto soccorso. Il taglio per fortuna non era profondo. Mise una fascia e del disinfettante sulla mano, mentre seduto sul bordo della vasca da bagno rifletteva sul da farsi. Intanto doveva sistemare anche l’ultima delle quattro. Sapeva che era rintanata da qualche parte, l’avrebbe cercata e uccisa come le altre. Poi avrebbe fatto sparire tutto e pulito le macchie di sangue. Forse quelle nel salotto sul muro gli avrebbero dato qualche noia in più. Lunedì avrebbe poi chiamato il vetraio per la cucina. Ora che lo chiamava gli avrebbe commissionato anche il divisorio con l’appartamento accanto, si era rotto la settimana prima ed i suoi vicini non sembravano a casa in quel periodo. Brave persone si intende, ma era meglio rimettere quel vetro e tornare ad avere la propria privacy.
Uscendo dal bagno vide l’ultima delle quattro infilarsi in cucina furtivamente. La rincorse, chiuse la porta dietro di sé, ma troppo tardi. Lei lo aveva visto entrare e allora aveva varcato il vetro rotto, e attraversando il telaio dove andava ancorato il vetro di separazione, era arrivata nella parte di balcone dell’appartamento accanto. La finestra di una delle camere era stranamente aperta, guardò con odio il vecchio sulla sua parte di balcone e sparì lì dentro.
L’uomo rientrò, tirò giù la tapparella e tornò a letto. L’indomani avrebbe fatto tutto il resto, non c’era fretta in fondo. Nella casa accanto lei riprendeva fiato, angosciata da quella notte di sangue, nella quale aveva visto morire le sue tre sorelle in un colpo solo. Dalla stanza accanto arrivò un rumore familiare. Forse la casa non era deserta, forse qualcuno c’era che poteva esserle utile. Doveva pensare a lei adesso, doveva sopravvivere in fondo. Uscì nel corridoio ed in fondo vide una luce. Da quella parte doveva esserci qualcosa, magari una via di fuga. Si diresse in quella direzione con le ultime forze residue.
Poi, ad un tratto, una scintilla, un piccolo esplodere luminoso proprio dentro il suo corpo, un calore immane e la sensazione di evaporare. Pensò che il vecchio era un demonio: come aveva fatto a raggiungerla sino a lì dentro, e cosa le stava facendo? Penso ai corpi esanimi delle altre sorelle nella casa accanto, pensò ai giorni felici insieme ed a quando da piccole, passavano tutto il tempo in acqua una accanto all’altra, giocando mentre aspettavano di diventare grandi. Fu proprio un attimo, una luce enorme e poi buio. Fumo tenue e poco più.

MORALE

Tutto questo per dire che alle volte le apparenze ingannano e soprattutto che la lampada elettrica ammazza zanzare è un metodo efficace se volete dormire di notte.

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